NAPOLI - L'egregio comportamento del Napoli in campionato richiama alla memoria situazioni che, in tempi trascorsi, videro la squadra azzurra battersi per raggiungere una posizione importante, in tornei che segnavano la supremazia delle cosiddette ''grandi'', cioè Juventus, Inter e Milan. ''Squadroni'', come venivano chiamati, che lasciavano agli altri dal quarto posto in giù. Il Napoli di quel tempo, primi anni '50 , contava su giocatori di diversa caratura: qualcuno dotato di classe, altri di volontà e impegno costante. Un insieme affidato all'allenatore Eraldo Monzeglio, che guidava la squadra nell'evitare la coda della classifica e guardare verso l'alto, col quarto posto come traguardo da puntare. La squadra di quel tempo era schierata così: Casari, Del Frati, Soldani. Todeschini, Remomdini, Gramaglia. Astorri, Formentin, Amadei, Bacchetti e Krieziu. A loro, i tifosi azzurri chiedevano impegno e gioco. A Casari dicevano: ''Oj Pe', fa tu!'' , consapevoli della sua bravura tra i pali. Di Amadei, collaudato gestore del centro-campo, apprezzavano la capacità di ''vedere'' il gioco e di guidarlo, anche con i suoi tiri in porta. Di Gramaglia applaudivano la ''visione'' del gioco nel rilanciare gli attaccanti. Era il tempo in cui il Napoli spesso terminava il campionato al sesto-settimo posto. Un gioco visto e seguito da altri tantissimi ''spettatori'' che riempivano i balconi dei palazzi adiacenti allo stadio vomerese. Uno spettacolo particolare era il vedere tutti quei balconi gremiti. Per i ragazzini che non avevano danari per acquistare biglietti di ingresso, c'erano due ''tempi'' per seguire la partita. Il primo tempo dava la percezione di ciò che accadeva a seconda degli applausi o dei fischi provenienti dall'interno del campo. Più fortunati i ragazzini che arrivavano sugli spalti con spettatori che affermavano (ma non era vero) che il ragazzo era il proprio figliolo. Ma pochi erano gli ''entranti'' rispetto ai ''non entrati''. Il secondo tempo era più generoso: quando mancava un grappolo di minuti per la fine, i cancelli dello stadio si aprivano e i ragazzi entravano in gruppi per vedere la coda della partita. Poi, dopo una vittoria, un po' di attesa nei pressi dell' ingresso agli spogliatoi. Si aspettava l'uscita dei i calciatori azzurri per applaudirli.
di Napoli Magazine
25/01/2018 - 12:30
NAPOLI - L'egregio comportamento del Napoli in campionato richiama alla memoria situazioni che, in tempi trascorsi, videro la squadra azzurra battersi per raggiungere una posizione importante, in tornei che segnavano la supremazia delle cosiddette ''grandi'', cioè Juventus, Inter e Milan. ''Squadroni'', come venivano chiamati, che lasciavano agli altri dal quarto posto in giù. Il Napoli di quel tempo, primi anni '50 , contava su giocatori di diversa caratura: qualcuno dotato di classe, altri di volontà e impegno costante. Un insieme affidato all'allenatore Eraldo Monzeglio, che guidava la squadra nell'evitare la coda della classifica e guardare verso l'alto, col quarto posto come traguardo da puntare. La squadra di quel tempo era schierata così: Casari, Del Frati, Soldani. Todeschini, Remomdini, Gramaglia. Astorri, Formentin, Amadei, Bacchetti e Krieziu. A loro, i tifosi azzurri chiedevano impegno e gioco. A Casari dicevano: ''Oj Pe', fa tu!'' , consapevoli della sua bravura tra i pali. Di Amadei, collaudato gestore del centro-campo, apprezzavano la capacità di ''vedere'' il gioco e di guidarlo, anche con i suoi tiri in porta. Di Gramaglia applaudivano la ''visione'' del gioco nel rilanciare gli attaccanti. Era il tempo in cui il Napoli spesso terminava il campionato al sesto-settimo posto. Un gioco visto e seguito da altri tantissimi ''spettatori'' che riempivano i balconi dei palazzi adiacenti allo stadio vomerese. Uno spettacolo particolare era il vedere tutti quei balconi gremiti. Per i ragazzini che non avevano danari per acquistare biglietti di ingresso, c'erano due ''tempi'' per seguire la partita. Il primo tempo dava la percezione di ciò che accadeva a seconda degli applausi o dei fischi provenienti dall'interno del campo. Più fortunati i ragazzini che arrivavano sugli spalti con spettatori che affermavano (ma non era vero) che il ragazzo era il proprio figliolo. Ma pochi erano gli ''entranti'' rispetto ai ''non entrati''. Il secondo tempo era più generoso: quando mancava un grappolo di minuti per la fine, i cancelli dello stadio si aprivano e i ragazzi entravano in gruppi per vedere la coda della partita. Poi, dopo una vittoria, un po' di attesa nei pressi dell' ingresso agli spogliatoi. Si aspettava l'uscita dei i calciatori azzurri per applaudirli.