NAPOLI - Quando le immagini televisive raccontano una partita di calcio, è facile vedere sul teleschermo volti e movimenti di tifosi bambini, accanto a padri o parenti. Anche in epoca precedente adolescenti e ancor più piccoli tifosi, erano visibili sulle gradinate del calcio. Negli anni '50 lo stadio del Vomero accoglieva tifosi grandi e piccoli. E questi ultimi si distinguevano in due situazioni: quelli che erano insieme a parenti stretti, padri, fratelli maggiori, altri familiari. E poi c'erano i ragazzini più intraprendenti, giunti davanti allo stadio e pronti a entrare con spettatori adulti, da loro pregati di definirli ai controllori come loro figlioletti. Una possibilità, non certo ortodossa ma utile a chi la praticava per consentire a tanti giovanissimi di assistere all'incontro di calcio dell'amato Napoli. Era, per loro, il momento finale di una settimana vissuta con la ''testa nel pallone'', con molti pomeriggi trascorsi alle porte degli spogliatoi dello stadio, dove entravano gli ''azzurri'' per l'allenamento. E, alla loro uscita, richiesta di autografi, parole di incitamento, saluti con battimani. Le ''operazioni'' dei piccoli tifosi conoscevano poi il tentativo domenicale, quando il Napoli giocava al Vomero: entrare con un apparente familiare che si prestava al ''gioco'' e con lui raggiungere gli spalti pur senza avere il biglietto d'ingresso. Spesso il tentativo riusciva. Le possibilità aumentarono quando fu deciso l'ingresso gratuito dei ragazzini accompagnati da un parente diretto. E le ''familiarità'' consentivano di entrare nello stadio, dove le grida di incoraggiamento sarebbero suonate senza risparmio. E trovandosi per le prime volte nello Stadio vomerese i tifosi venivano sorpresi dalla presenza, lungo i viali che portavano alle gradinate, di tombe con nomi, fiori, e qualche fotografia. Nella casa del football c'erano ancora i luoghi del riposo perpetuo di napoletani che, nei giorni lontani dalla fase finale della guerra, avevano combattuto per la libertà nelle storiche ''Quattro giornate'', lasciandoci la vita. Qualche tomba recava, invece, il nome di soldati tedeschi. Una dura testimonianza delle guerre e della loro drammaticità.
di Napoli Magazine
01/03/2018 - 18:26
NAPOLI - Quando le immagini televisive raccontano una partita di calcio, è facile vedere sul teleschermo volti e movimenti di tifosi bambini, accanto a padri o parenti. Anche in epoca precedente adolescenti e ancor più piccoli tifosi, erano visibili sulle gradinate del calcio. Negli anni '50 lo stadio del Vomero accoglieva tifosi grandi e piccoli. E questi ultimi si distinguevano in due situazioni: quelli che erano insieme a parenti stretti, padri, fratelli maggiori, altri familiari. E poi c'erano i ragazzini più intraprendenti, giunti davanti allo stadio e pronti a entrare con spettatori adulti, da loro pregati di definirli ai controllori come loro figlioletti. Una possibilità, non certo ortodossa ma utile a chi la praticava per consentire a tanti giovanissimi di assistere all'incontro di calcio dell'amato Napoli. Era, per loro, il momento finale di una settimana vissuta con la ''testa nel pallone'', con molti pomeriggi trascorsi alle porte degli spogliatoi dello stadio, dove entravano gli ''azzurri'' per l'allenamento. E, alla loro uscita, richiesta di autografi, parole di incitamento, saluti con battimani. Le ''operazioni'' dei piccoli tifosi conoscevano poi il tentativo domenicale, quando il Napoli giocava al Vomero: entrare con un apparente familiare che si prestava al ''gioco'' e con lui raggiungere gli spalti pur senza avere il biglietto d'ingresso. Spesso il tentativo riusciva. Le possibilità aumentarono quando fu deciso l'ingresso gratuito dei ragazzini accompagnati da un parente diretto. E le ''familiarità'' consentivano di entrare nello stadio, dove le grida di incoraggiamento sarebbero suonate senza risparmio. E trovandosi per le prime volte nello Stadio vomerese i tifosi venivano sorpresi dalla presenza, lungo i viali che portavano alle gradinate, di tombe con nomi, fiori, e qualche fotografia. Nella casa del football c'erano ancora i luoghi del riposo perpetuo di napoletani che, nei giorni lontani dalla fase finale della guerra, avevano combattuto per la libertà nelle storiche ''Quattro giornate'', lasciandoci la vita. Qualche tomba recava, invece, il nome di soldati tedeschi. Una dura testimonianza delle guerre e della loro drammaticità.