Sarà Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani a inaugurare il cartellone 2025-2026 del teatro della Canzone napoletana.
Mercoledì 15 ottobre prossimo, alle 21, il via al Trianon Viviani della nuova «stagione appassiunata» – come l’ha definita il direttore artistico Marisa Laurito – con la prima di una nuova produzione del capolavoro del commediografo stabiese.
Festa di Piedigrotta è il nuovo capitolo del progetto prodotto dal teatro pubblico di Forcella, ideato e curato da Nello Mascia, volto a divulgare e valorizzare l’opera di Viviani, l’artista al quale è dedicato il teatro. Dopo la messa in scena di varî atti unici, il Trianon presenta ora questa produzione che coinvolge oltre quaranta artisti e tecnici.
La regia dello stesso Mascia e le elaborazioni musicali di Eugenio Bennato evidenziano la sorprendente attualità di questa «sagra popolare in due atti», nata nel 1919 per raccontare le ferite e l’urgenza di vivere di un popolo uscito da una guerra devastante.
La visione registica crea così un ponte tra l’umanità «ferita, monca e disorientata» del primo dopoguerra e le inquietudini del nostro presente, definito da papa Francesco una «guerra mondiale a pezzi». La lettura di Mascia trasforma così l’opera in un viaggio nella memoria attraverso la metafora della festa. In questo racconto, che guarda anche alla nostra contemporaneità, il popolo è vittima e carnefice insieme, con ogni personaggio che infligge e subisce le ferite di un sistema in bilico tra ragione e follia.
Proprio la follia liberatoria espressa, talvolta tragica, diventa così per il regista un elemento universale e atemporale della condizione umana, come già trattato da Euripide nelle Baccanti. Da questo parallelismo con la tragedia greca, Raffaele Di Florio ha creato uno «spazio scenico dinamico» scarno, che veste l'attore di un'inedita centralità.
Il vuoto delle scene è riempito dalle musiche di Viviani rielaborate da Eugenio Bennato, che ricrea il clima trasgressivo e anarchico della festa, dando voce all'«urlo diverso di una Napoli contemporanea», anche grazie alla partecipazione dei cantanti Ciccio Merolla, Pietra Montecorvino, Serena Pisa (EbbaneSis) e Dario Sansone (Foja).
L’opera è ambientata durante la tradizionale festa settembrina di Piedigrotta, descrivendone le atmosfere di baldoria, musica e ammuina. La commedia si divide in due atti: il primo si concentra sulle vicende di diverse famiglie che partecipano alla festa nella villa Comunale, con fidanzati ostacolati dal frastuono, cortei musicali che animano la notte e gli scugnizzi che combinano guai; il secondo vede la sfilata dei carri allegorici e l’intrecciarsi di storie di lavandaie e di disoccupati in cerca di riscatto, con l'apoteosi finale di fuochi d’artificio e danze popolari.
Particolarmente ricca la compagnia di questo lavoro che celebra la coralità del teatro vivianeo, con trenta gli artisti in scena che rappresentano quarantuno personaggi: in ordine di apparizione, lo stesso Nello Mascia, che interpreta la Memoria e Spalluchiello, Federica Avallone, Gino Monteleone, Federica Aiello, Federica Totaro, Claudio Bellisario, Sabrina Incoronato, Serena Caputo, Ivano Schiavi, Alfredo Mundo, Vittoria Giuliano, Francesco Del Gaudio, Christian Chiummariello, Antonio Guerra, Giuseppe Lanciato, Roberto Caccioppoli, Viviana Curcio, Davide Chiummo, Luca Saltarelli, Pietra Montecorvino, Serena Pisa, Ernesto Lama, Dario Sansone, Ciro Capano, Rossella Amato, Stefano Sarcinelli, Angela Bertamino, Massimo Masiello, Ciccio Merolla e Filomena Diodati.
Le coreografie sono firmate da Ettore Squillace, i costumi da Francesca Romana Scudiero. Le luci sono di Gianluca Sacco e l’audio di Daniele Chessa.
Dopo la prima del 15 ottobre, Festa di Piedigrotta andrà in scena tutti i giorni fino al 19 ottobre, sempre alle 21, tranne la recita domenicale programmata alle 18.
Il Trianon Viviani si avvale del sostegno della Regione Campania, la Città metropolitana di Napoli e il Ministero della Cultura, con il patrocinio di Rai Campania.
biglietti, abbonamenti e informazioni
I biglietti sono acquistabili presso i consueti canali di vendita: botteghino del teatro, prevendite convenzionate e online su AzzurroService.net.
Intanto, ultimi giorni della campagna abbonamenti della stagione appassiunata 2025 | 2026.
Il botteghino è aperto dal lunedì al sabato, dalle 10 alle 13:30 e dalle 16 alle 19; la domenica e i giorni festivi, dalle 10 alle 13:30. Telefono 081 0128663, email boxoffice@teatrotrianon.org
Sito istituzionale teatrotrianon.org, social media Facebook, Instagram e YouTube.
FESTA DI PIEDIGROTTA
sagra popolare in due atti
versi, prosa e musica di Raffaele Viviani
personaggi
interpreti
la Memoria | Spalluchiello
Nello Mascia
Piedigrotta
Federica Avallone
don Gennaro | Maruzzaro
Gino Monteleone
donna Filumena | Acquaiola
Federica Aiello
Nunziatina
Federica Totaro
Beniamino
Claudio Bellisario
Olimpia | Vicenza
Sabrina Incoronato
Maria
Serena Caputo
Turillo | Cusemiello | Totonno
Ivano Schiavi
Rafiluccio | Perillo | Giorgio
Alfredo Mundo
Bambina
Vittoria Giuliano
Papele
Francesco Del Gaudio
Alisandro
Christian Chiummariello
Meniello
Antonio Guerra
Sciacillo
Giuseppe Lanciato
Guardia municipale | Ficurinaro
Roberto Caccioppoli
‘Ngiulina
Viviana Curcio
Aitano
Davide Chiummo
Giuvanne | Girolamo
Luca Saltarelli
la Cantante
Pietra Montecorvino
Solista del carro delle Lucianelle
Serena Pisa
Solista del carro delle Lavannare
e del carro dei Pescatori
Ernesto Lama
Solista del carro delle ‘Mpechere
Dario Sansone
Nunziello
Ciro Capano
Caterina
Rossella Amato
Mimì di Montemurro
Stefano Sarcinelli
Luisella
Angela Bertamino
Erricuccio
Massimo Masiello
Solista e percussionista
Ciccio Merolla
Ave Maris Stella
Filomena Diodati
elaborazioni musicali Eugenio Bennato
spazio scenico Raffaele Di Florio
coreografie Ettore Squillace – costumi Francesca Romana Scudiero
luci Gianluca Sacco – audio Daniele Chessa
regia Nello Mascia
assistente alla regia Roberto Giordano – direttore di scena Costantino Petrone
sarte di scena Cira Izzo, Sara Massari – elettricista Antonio Minichino
ufficio produzione Daniela Riccio – direttore di produzione Luciano Quagliozzi
amministratrice Francesca Buzzurro –segretaria di compagnia Silvia Di Meo
comunicazione e ufficio stampa Paolo Animato – fotografo di scena Pino Miraglia – grafica Arkè
promozione Anna Caruso, Valeria Vellante – social media Gabriella Galbiati
realizzazione video e pubblicità Sud promotion
sartoria Canzanella – scenografia Imparato e figli – luci e fonica Emmedue
produzione Trianon Viviani
nota di Nello Mascia, regista
La festa non c’è.
A Viviani non interessa fornire notizie documentali sullo svolgimento della festa di Piedigrotta. Festa di Piedigrotta di Viviani è piuttosto una metafora. Viviani usa il momento della più antica manifestazione della liberazione popolare, per raccontare la condizione di un popolo, appena uscito da una guerra devastante.
Siamo nel 1919.
È un popolo ferito e disorientato.
Monco e famelico. Crudele e disperato.
Con una feroce urgenza di vivere.
Personaggi che sono tutti vittima e carnefice insieme. A cominciare dalla coppia di anziani, piccolo-borghesi della prima scena.
Vittime degli scugnizzi. Ma ipocritamente tolleranti nei confronti del ricco giovane spasimante della figlia.
È vittima la Guardia nei confronti dei Bazzarioti, ma è carnefice nei confronti di ‘Ngiulina, sua moglie, alla quale costantemente rimprovera il suo malessere e la sua condizione di “pover’uomo”, frenato nelle sue ambizioni dai doveri coniugali imposti dalle regole piccolo-borghesi.
‘Ngiulina è vittima di un marito vigliacco e scontento, che non evita di ricattare costantemente con l’arma della maternità.
Caterina è vittima di un suo perbenismo borghese, che la spinge ad accettare un matrimonio agiato ma infelice, negandole la felicità dell’amore ritrovato.
E intanto ti danneggia il marito collerico, rinfacciandoglil’inadeguatezza di meritare una moglie giovane.
Nunziello riscatta il suo evidente disagio generazionale nei confronti di Caterina, sfogando su di lei la sua natura manesca.
Il Maruzzaro subisce degli Scugnizzi, la crudelissima beffa della scarpa nella pignata, che distrugge il suo commercio. Ma continua a smerciare col brodo ormai imbevibile.
Sono carnefici persino gli Scugnizzi che dichiarano manifestamente le loro intenzioni ladresche. Eppure sono vittime di un sistema sociale e politico che li emargina e li abbandona a un futuro malavitoso.
Destino malavitoso che è già il presente dei terribili Bazzarioti.
Mimì è l'unica faccia positiva di questa umanità disperata. È il testimone della cultura altra.
Non ancòra corrotta dalle logiche economiche. È il prototipo dell’Uomo Nuovo che salverà il mondo. È l’unico razionale in mezzo a tanta follia. È l’unico che dalla festa di Piedigrotta trae un beneficio.
Tutti vanno alla festa alla ricerca di un utopico altrove.
È un popolo che va alla festa.
Ma che alla festa non partecipa mai.
Tutte le feste popolari rimandano inevitabilmente ai riti dionisiaci.
«A Piedigrotta gli uomini scompaiono per diventare cose». La linea di confine fra ragione e follia.
E se è vero che i temi di Viviani sono costantemente quelli dei tragici greci, non è avventuroso il parallelo Festa di Piedigrotta e Baccanti di Euripide. E non è incauta la ricerca di una matrice comune o almeno di motivi di similitudine fra la tragedia di Euripide e l’opera vivianea.
Leggo Viviani con tutta la consapevolezza di uomo del tempo mio.
E allora per me Festa di Piedigrotta non può essere altro che un viaggio nella memoria.
Un viaggio a ritroso nella mia storia recente. Ma anche un’occasione per raccontare il mio, il nostro contemporaneo.
Siamo tutte donne e uomini del nostro tempo. Attori. Artefici. Mettiamo in scena i nostri ricordi della festa attraverso le parole di Viviani. E insieme, le inquietudini di donne e uomini del nostro tempo.
Ma più si va avanti nel viaggio di approfondimento e più ci si accorge di nuove suggestioni.
Le dissonanze.
Le classi sociali che si intersecano e si contrappongono.
Le diverse culture che si scontrano.
Le difficoltà di accogliere culture lontane e quindi diverse.
Il conflitto stridente fra cultura popolare e cultura piccolo-borghese.
E forse è questo un altro tema centrale. L’impossibilità del mondo borghese di perdere la ragione.
«Sta int’ ‘e ccatene ‘sta libertà». Dice la cantante nello struggente finale della sua canzone. E poi scompare.
La contrapposizione reiterata fra musica popolare e musica borghese.
E la supremazia sottolineata col finale di Spalluchiello, che irrompe in scena accompagnato dalla festosa Musica giapponese, espressione più genuina della creatività popolare.
La Musica giapponese. Termine un po’ ironico che Viviani attribuiva alla musica nata spontaneamente dalla percussione di oggetti casuali: caccavelle, bicchieri, scatole.
E solo allora la gente si abbandonerà al sabba liberatorio.
Al ritorno al Dio Natura, alla Grande Madre.
Mentre di lontano irrompe il frastuono di un meeting rave.
La festa non c’è.
La festa non la possiamo raccontare.
La festa è altrove.
Nello Mascia
nota di Eugenio Bennato, autore delle elaborazioni musicali
Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani è un grande musical, fatto di canzoni accorate, di ritmi inquietanti e coinvolgenti, di corali che accompagnano l’attesa e il passaggio dei carri allegorici; ma la musica ricrea soprattutto il clima trasgressivo e anarchico della festa, l’atmosfera frenetica e misteriosa, dove la Madonna marina sovrasta sia i devoti sia gli scettici, e si manifesta soprattutto quando, a notte inoltrata, il chiasso si placa e cessa il divertimento e il traumatico passaggio è per tutti la metafora della effimera essenza della giornata e della vita.
Viviani nel 1919 scrisse queste melodie nelle quali ritrovo l'urlo diverso di una Napoli contemporanea; Napoli non è più la stessa, sono diverse l’allegria e la malinconia, sono diversi i rapporti tra i fidanzati, sono cambiati i modelli e i punti di riferimento degli scugnizzi dei benpensanti e dei malfattori.
Ma resta l’unicità di una città in cui convivono due anime diverse.
Eugenio Bennato
nota di Raffaele Di Florio, autore dello spazio scenico
Quando Nello Mascia mi ha parlato di come intendeva affrontare Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani, mi è venuto in mente un articolo di Vasco Pratolini sulla vera festa settembrina partenopea. Nell’esaltare lo spettacolo teatrale sulla rivista la Voce del Mezzogiorno, Pratolini, rivolgendosi ai napoletani, scriveva: «La sola e vera Piedigrotta degna della sua leggenda, della sua tradizione, del suo nome l’ho vista su un palcoscenico fiorentino venti e più anni fa, recitata dalla compagnia Viviani... come in una strada. [...] Ora voi non sapete fare questa festa, o non volete o non potete.»
Di fronte a queste poche righe, dai tratti duri e severi, continuavo a chiedermi, con un senso di inadeguatezza e di disagio, quali potessero essere i paradigmi di una messinscena dell’opera di Viviani in questo preciso momento storico, come delineare lo spazio scenico, evitando di scivolare nella nostalgia figurativa?
La lucidità di Mascia e la sua visione innovativa per molti aspetti dell’opera in questione mi hanno suggerito un impianto scenico “dinamico”: uno spazio mobile, ma scarno, senza quinte, elaborato in modo tale da affidare tutto alla creatività e alla forza dell’attore, il quale interpreta di volta in volta un personaggio, per poi tornare al “margine” dello spazio scenico, dove, pur abbandonando i caratteri del personaggio, rimane spettatore attivo dell’evento.
di Napoli Magazine
08/10/2025 - 16:12
Sarà Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani a inaugurare il cartellone 2025-2026 del teatro della Canzone napoletana.
Mercoledì 15 ottobre prossimo, alle 21, il via al Trianon Viviani della nuova «stagione appassiunata» – come l’ha definita il direttore artistico Marisa Laurito – con la prima di una nuova produzione del capolavoro del commediografo stabiese.
Festa di Piedigrotta è il nuovo capitolo del progetto prodotto dal teatro pubblico di Forcella, ideato e curato da Nello Mascia, volto a divulgare e valorizzare l’opera di Viviani, l’artista al quale è dedicato il teatro. Dopo la messa in scena di varî atti unici, il Trianon presenta ora questa produzione che coinvolge oltre quaranta artisti e tecnici.
La regia dello stesso Mascia e le elaborazioni musicali di Eugenio Bennato evidenziano la sorprendente attualità di questa «sagra popolare in due atti», nata nel 1919 per raccontare le ferite e l’urgenza di vivere di un popolo uscito da una guerra devastante.
La visione registica crea così un ponte tra l’umanità «ferita, monca e disorientata» del primo dopoguerra e le inquietudini del nostro presente, definito da papa Francesco una «guerra mondiale a pezzi». La lettura di Mascia trasforma così l’opera in un viaggio nella memoria attraverso la metafora della festa. In questo racconto, che guarda anche alla nostra contemporaneità, il popolo è vittima e carnefice insieme, con ogni personaggio che infligge e subisce le ferite di un sistema in bilico tra ragione e follia.
Proprio la follia liberatoria espressa, talvolta tragica, diventa così per il regista un elemento universale e atemporale della condizione umana, come già trattato da Euripide nelle Baccanti. Da questo parallelismo con la tragedia greca, Raffaele Di Florio ha creato uno «spazio scenico dinamico» scarno, che veste l'attore di un'inedita centralità.
Il vuoto delle scene è riempito dalle musiche di Viviani rielaborate da Eugenio Bennato, che ricrea il clima trasgressivo e anarchico della festa, dando voce all'«urlo diverso di una Napoli contemporanea», anche grazie alla partecipazione dei cantanti Ciccio Merolla, Pietra Montecorvino, Serena Pisa (EbbaneSis) e Dario Sansone (Foja).
L’opera è ambientata durante la tradizionale festa settembrina di Piedigrotta, descrivendone le atmosfere di baldoria, musica e ammuina. La commedia si divide in due atti: il primo si concentra sulle vicende di diverse famiglie che partecipano alla festa nella villa Comunale, con fidanzati ostacolati dal frastuono, cortei musicali che animano la notte e gli scugnizzi che combinano guai; il secondo vede la sfilata dei carri allegorici e l’intrecciarsi di storie di lavandaie e di disoccupati in cerca di riscatto, con l'apoteosi finale di fuochi d’artificio e danze popolari.
Particolarmente ricca la compagnia di questo lavoro che celebra la coralità del teatro vivianeo, con trenta gli artisti in scena che rappresentano quarantuno personaggi: in ordine di apparizione, lo stesso Nello Mascia, che interpreta la Memoria e Spalluchiello, Federica Avallone, Gino Monteleone, Federica Aiello, Federica Totaro, Claudio Bellisario, Sabrina Incoronato, Serena Caputo, Ivano Schiavi, Alfredo Mundo, Vittoria Giuliano, Francesco Del Gaudio, Christian Chiummariello, Antonio Guerra, Giuseppe Lanciato, Roberto Caccioppoli, Viviana Curcio, Davide Chiummo, Luca Saltarelli, Pietra Montecorvino, Serena Pisa, Ernesto Lama, Dario Sansone, Ciro Capano, Rossella Amato, Stefano Sarcinelli, Angela Bertamino, Massimo Masiello, Ciccio Merolla e Filomena Diodati.
Le coreografie sono firmate da Ettore Squillace, i costumi da Francesca Romana Scudiero. Le luci sono di Gianluca Sacco e l’audio di Daniele Chessa.
Dopo la prima del 15 ottobre, Festa di Piedigrotta andrà in scena tutti i giorni fino al 19 ottobre, sempre alle 21, tranne la recita domenicale programmata alle 18.
Il Trianon Viviani si avvale del sostegno della Regione Campania, la Città metropolitana di Napoli e il Ministero della Cultura, con il patrocinio di Rai Campania.
biglietti, abbonamenti e informazioni
I biglietti sono acquistabili presso i consueti canali di vendita: botteghino del teatro, prevendite convenzionate e online su AzzurroService.net.
Intanto, ultimi giorni della campagna abbonamenti della stagione appassiunata 2025 | 2026.
Il botteghino è aperto dal lunedì al sabato, dalle 10 alle 13:30 e dalle 16 alle 19; la domenica e i giorni festivi, dalle 10 alle 13:30. Telefono 081 0128663, email boxoffice@teatrotrianon.org
Sito istituzionale teatrotrianon.org, social media Facebook, Instagram e YouTube.
FESTA DI PIEDIGROTTA
sagra popolare in due atti
versi, prosa e musica di Raffaele Viviani
personaggi
interpreti
la Memoria | Spalluchiello
Nello Mascia
Piedigrotta
Federica Avallone
don Gennaro | Maruzzaro
Gino Monteleone
donna Filumena | Acquaiola
Federica Aiello
Nunziatina
Federica Totaro
Beniamino
Claudio Bellisario
Olimpia | Vicenza
Sabrina Incoronato
Maria
Serena Caputo
Turillo | Cusemiello | Totonno
Ivano Schiavi
Rafiluccio | Perillo | Giorgio
Alfredo Mundo
Bambina
Vittoria Giuliano
Papele
Francesco Del Gaudio
Alisandro
Christian Chiummariello
Meniello
Antonio Guerra
Sciacillo
Giuseppe Lanciato
Guardia municipale | Ficurinaro
Roberto Caccioppoli
‘Ngiulina
Viviana Curcio
Aitano
Davide Chiummo
Giuvanne | Girolamo
Luca Saltarelli
la Cantante
Pietra Montecorvino
Solista del carro delle Lucianelle
Serena Pisa
Solista del carro delle Lavannare
e del carro dei Pescatori
Ernesto Lama
Solista del carro delle ‘Mpechere
Dario Sansone
Nunziello
Ciro Capano
Caterina
Rossella Amato
Mimì di Montemurro
Stefano Sarcinelli
Luisella
Angela Bertamino
Erricuccio
Massimo Masiello
Solista e percussionista
Ciccio Merolla
Ave Maris Stella
Filomena Diodati
elaborazioni musicali Eugenio Bennato
spazio scenico Raffaele Di Florio
coreografie Ettore Squillace – costumi Francesca Romana Scudiero
luci Gianluca Sacco – audio Daniele Chessa
regia Nello Mascia
assistente alla regia Roberto Giordano – direttore di scena Costantino Petrone
sarte di scena Cira Izzo, Sara Massari – elettricista Antonio Minichino
ufficio produzione Daniela Riccio – direttore di produzione Luciano Quagliozzi
amministratrice Francesca Buzzurro –segretaria di compagnia Silvia Di Meo
comunicazione e ufficio stampa Paolo Animato – fotografo di scena Pino Miraglia – grafica Arkè
promozione Anna Caruso, Valeria Vellante – social media Gabriella Galbiati
realizzazione video e pubblicità Sud promotion
sartoria Canzanella – scenografia Imparato e figli – luci e fonica Emmedue
produzione Trianon Viviani
nota di Nello Mascia, regista
La festa non c’è.
A Viviani non interessa fornire notizie documentali sullo svolgimento della festa di Piedigrotta. Festa di Piedigrotta di Viviani è piuttosto una metafora. Viviani usa il momento della più antica manifestazione della liberazione popolare, per raccontare la condizione di un popolo, appena uscito da una guerra devastante.
Siamo nel 1919.
È un popolo ferito e disorientato.
Monco e famelico. Crudele e disperato.
Con una feroce urgenza di vivere.
Personaggi che sono tutti vittima e carnefice insieme. A cominciare dalla coppia di anziani, piccolo-borghesi della prima scena.
Vittime degli scugnizzi. Ma ipocritamente tolleranti nei confronti del ricco giovane spasimante della figlia.
È vittima la Guardia nei confronti dei Bazzarioti, ma è carnefice nei confronti di ‘Ngiulina, sua moglie, alla quale costantemente rimprovera il suo malessere e la sua condizione di “pover’uomo”, frenato nelle sue ambizioni dai doveri coniugali imposti dalle regole piccolo-borghesi.
‘Ngiulina è vittima di un marito vigliacco e scontento, che non evita di ricattare costantemente con l’arma della maternità.
Caterina è vittima di un suo perbenismo borghese, che la spinge ad accettare un matrimonio agiato ma infelice, negandole la felicità dell’amore ritrovato.
E intanto ti danneggia il marito collerico, rinfacciandoglil’inadeguatezza di meritare una moglie giovane.
Nunziello riscatta il suo evidente disagio generazionale nei confronti di Caterina, sfogando su di lei la sua natura manesca.
Il Maruzzaro subisce degli Scugnizzi, la crudelissima beffa della scarpa nella pignata, che distrugge il suo commercio. Ma continua a smerciare col brodo ormai imbevibile.
Sono carnefici persino gli Scugnizzi che dichiarano manifestamente le loro intenzioni ladresche. Eppure sono vittime di un sistema sociale e politico che li emargina e li abbandona a un futuro malavitoso.
Destino malavitoso che è già il presente dei terribili Bazzarioti.
Mimì è l'unica faccia positiva di questa umanità disperata. È il testimone della cultura altra.
Non ancòra corrotta dalle logiche economiche. È il prototipo dell’Uomo Nuovo che salverà il mondo. È l’unico razionale in mezzo a tanta follia. È l’unico che dalla festa di Piedigrotta trae un beneficio.
Tutti vanno alla festa alla ricerca di un utopico altrove.
È un popolo che va alla festa.
Ma che alla festa non partecipa mai.
Tutte le feste popolari rimandano inevitabilmente ai riti dionisiaci.
«A Piedigrotta gli uomini scompaiono per diventare cose». La linea di confine fra ragione e follia.
E se è vero che i temi di Viviani sono costantemente quelli dei tragici greci, non è avventuroso il parallelo Festa di Piedigrotta e Baccanti di Euripide. E non è incauta la ricerca di una matrice comune o almeno di motivi di similitudine fra la tragedia di Euripide e l’opera vivianea.
Leggo Viviani con tutta la consapevolezza di uomo del tempo mio.
E allora per me Festa di Piedigrotta non può essere altro che un viaggio nella memoria.
Un viaggio a ritroso nella mia storia recente. Ma anche un’occasione per raccontare il mio, il nostro contemporaneo.
Siamo tutte donne e uomini del nostro tempo. Attori. Artefici. Mettiamo in scena i nostri ricordi della festa attraverso le parole di Viviani. E insieme, le inquietudini di donne e uomini del nostro tempo.
Ma più si va avanti nel viaggio di approfondimento e più ci si accorge di nuove suggestioni.
Le dissonanze.
Le classi sociali che si intersecano e si contrappongono.
Le diverse culture che si scontrano.
Le difficoltà di accogliere culture lontane e quindi diverse.
Il conflitto stridente fra cultura popolare e cultura piccolo-borghese.
E forse è questo un altro tema centrale. L’impossibilità del mondo borghese di perdere la ragione.
«Sta int’ ‘e ccatene ‘sta libertà». Dice la cantante nello struggente finale della sua canzone. E poi scompare.
La contrapposizione reiterata fra musica popolare e musica borghese.
E la supremazia sottolineata col finale di Spalluchiello, che irrompe in scena accompagnato dalla festosa Musica giapponese, espressione più genuina della creatività popolare.
La Musica giapponese. Termine un po’ ironico che Viviani attribuiva alla musica nata spontaneamente dalla percussione di oggetti casuali: caccavelle, bicchieri, scatole.
E solo allora la gente si abbandonerà al sabba liberatorio.
Al ritorno al Dio Natura, alla Grande Madre.
Mentre di lontano irrompe il frastuono di un meeting rave.
La festa non c’è.
La festa non la possiamo raccontare.
La festa è altrove.
Nello Mascia
nota di Eugenio Bennato, autore delle elaborazioni musicali
Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani è un grande musical, fatto di canzoni accorate, di ritmi inquietanti e coinvolgenti, di corali che accompagnano l’attesa e il passaggio dei carri allegorici; ma la musica ricrea soprattutto il clima trasgressivo e anarchico della festa, l’atmosfera frenetica e misteriosa, dove la Madonna marina sovrasta sia i devoti sia gli scettici, e si manifesta soprattutto quando, a notte inoltrata, il chiasso si placa e cessa il divertimento e il traumatico passaggio è per tutti la metafora della effimera essenza della giornata e della vita.
Viviani nel 1919 scrisse queste melodie nelle quali ritrovo l'urlo diverso di una Napoli contemporanea; Napoli non è più la stessa, sono diverse l’allegria e la malinconia, sono diversi i rapporti tra i fidanzati, sono cambiati i modelli e i punti di riferimento degli scugnizzi dei benpensanti e dei malfattori.
Ma resta l’unicità di una città in cui convivono due anime diverse.
Eugenio Bennato
nota di Raffaele Di Florio, autore dello spazio scenico
Quando Nello Mascia mi ha parlato di come intendeva affrontare Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani, mi è venuto in mente un articolo di Vasco Pratolini sulla vera festa settembrina partenopea. Nell’esaltare lo spettacolo teatrale sulla rivista la Voce del Mezzogiorno, Pratolini, rivolgendosi ai napoletani, scriveva: «La sola e vera Piedigrotta degna della sua leggenda, della sua tradizione, del suo nome l’ho vista su un palcoscenico fiorentino venti e più anni fa, recitata dalla compagnia Viviani... come in una strada. [...] Ora voi non sapete fare questa festa, o non volete o non potete.»
Di fronte a queste poche righe, dai tratti duri e severi, continuavo a chiedermi, con un senso di inadeguatezza e di disagio, quali potessero essere i paradigmi di una messinscena dell’opera di Viviani in questo preciso momento storico, come delineare lo spazio scenico, evitando di scivolare nella nostalgia figurativa?
La lucidità di Mascia e la sua visione innovativa per molti aspetti dell’opera in questione mi hanno suggerito un impianto scenico “dinamico”: uno spazio mobile, ma scarno, senza quinte, elaborato in modo tale da affidare tutto alla creatività e alla forza dell’attore, il quale interpreta di volta in volta un personaggio, per poi tornare al “margine” dello spazio scenico, dove, pur abbandonando i caratteri del personaggio, rimane spettatore attivo dell’evento.