Mister Z
MISTER Z - Basta con le espulsioni!
24.09.2025 13:01 di Napoli Magazine
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NAPOLI - Tralascio per il momento il cammino caratterizzato da un passo marziale del Napoli in campionato, con quattro vittorie consecutive e la chiara esibizione di forza che sta rallegrando l'animo dei tifosi. Torno, piuttosto, sulla sconfitta in Champions League degli azzurri giovedì scorso all'Ethiad Stadium di Manchester, un esito che non ho ancora digerito e che non riesco a mandar giù per come è maturato. E non credo di essere il solo a pensarla così. Alzi la mano chi si è divertito! Vorrei fare un sondaggio tra gli appassionati di calcio di tutto il mondo ai quali è capitato di guardare in tv Manchester City-Napoli, una partita durata soltanto 20 minuti. Avrebbe cantato Sergio Endrigo: la festa appena cominciata è già finita…Vorrei conoscere il loro parere sull’attrattività di un match che a causa dell’inferiorità numerica del Napoli non aveva più storia dopo una manciata di minuti. Una partita inutile, senza pathos, privata dell’equilibrio in campo che solo la parità numerica tra le due squadre può dare a causa di una decisione arbitrale (giusta o ingiusta che sia stata e ovviamente mi riferisco alla spinta del furbo Haaland nei confronti di Beukema che non deve essere stata neppure presa in considerazione né dall’arbitro, né dal Var…). E allora riprendo un tema che, se la memoria non mi inganna, già affrontai qualche anno fa in questa rubrica su NapoliMagazine.Com. Basta con le espulsioni!!! Non se ne può più. E non lo dico perché il Napoli è stato vittima di questo barbaro regolamento. Lo dico sulla base di ragionamenti oggettivi, incontestabili che chiunque mastichi un po’ di calcio non può non condividere. Che divertimento c’è a guardare una partita in cui una squadra gioca in inferiorità numerica? Nessuno! Se le espulsioni, per qualsiasi motivo fossero decretate, potevano andar bene nel calcio di 20 o 30 anni fa, adesso le cose sono cambiate. Un tempo si giocava a 10 allora e le regole tattiche erano alquanto ‘allegre’. Oggi si viaggia in campo a velocità supersoniche e i tatticismi sono esasperati in ogni match, che riguardi la prima divisione dilettanti o la Champions League. Una squadra che giochi in inferiorità numerica ha ben poche possibilità di farla franca, è inevitabilmente destinata a soccombere, a meno di performance straordinarie, come è accaduto domenica scorsa all’Avellino che ha battuto la Carrarese per 4-3, pur essendo rimato in dieci uomini dal 30’ del primo tempo quando il risultato era fermo sul 2-1 per i toscani. Ma questi ‘miracoli’ riescono molto raramente e comunque vada a finire si tratta pur sempre di una partita falsata. E poi, se pemettete e lo dico con il massimo rispetto, la Carrarese non è il Manchester City… E’ come se in un match di pugilato a un certo punto l’arbitro decretasse che uno dei due contendenti può continuare a colpire con una sola mano e non con l’altra. Come credete che possa andare a finire? Allora chiamo in causa l’Ifab, l’organismo internazionale al quale – per motivi a me poco chiari – è affidato il compito di gestire e decidere con giudizi e valutazioni inappellabili le regole del gioco del calcio. Questo organismo, nato in epoca remota (1882) e formato da otto persone, quattro delle quali designate dalla Fifa e altre quattro, una per ciascuna dalle federazioni britanniche (Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord e Scozia), si riunisce solo due volte all’anno e ogni membro detiene un voto. Ogni modifica delle regole deve essere approvata con i tre quarti dei consensi, dunque 6 voti su 8, ma devono essere concordi la Fifa e almeno due Federazioni britanniche. Il che significa che queste ultime hanno il potere di bloccare qualunque riforma. Il mondo del calcio e tutti gli appassionati e i tifosi si chiedono: perché? Certo il gioco fu ‘inventato’ (il 26 ottobre 1863) in Gran Bretagna, ma ormai è passato più di un secolo e mezzo e il fenomeno nel frattempo è diventato planetario. Il calcio muove quantità enormi di soldi ed è entrato in tutto il mondo in maniera irreversibile nella cultura e nell’economia dei popoli dei cinque continenti. Perché un manipolo di signori, legati indissolubilmente, per inossidabile tradizione, a una cultura conservatrice, debba continuare a governarne le regole è un mistero al quale è difficile dare una spiegazione. E ancora più misterioso è il comportamento della Fifa e delle Federazioni dei vari Paesi (per non parlare delle Leghe) che non si ribellano a questa imposizione, visto che è a loro che è demandata l’organizzazione degli eventi e dunque delle partite. Basterebbe che la Fifa dicesse: cari signori delle Federazioni britanniche, da oggi in poi le regole del calcio le decidiamo noi. Da soli. E invece non lo fa.  Si potrebbe istituire la regola del cartellino arancione con l’espulsione a tempo, come avviene nel rugby (a quanto pare l’Ifab avrebbe lo scorso anno accettato di dare il via ai test, ma solo per i falli tattici, per le proteste e per le perdite di tempo, dunque il rosso a Di Lorenzo sarebbe arrivato lo stesso. Ma in ogni caso i tempi sono biblici, mentre basterebbe un amen per decidere…). Si potrebbe pensare, almeno per i casi (come quello del fallo di Di Lorenzo) in cui non ci sia stata violenza, di mostrare in campo al calciatore un cartellino di un qualsiasi diverso colore e di squalificarlo poi per una o più partite successive. Si potrebbe pensare all’espulsione dal campo soltanto dopo l’esibizione di tre cartellini gialli (invece di due) e di abolire il cartellino rosso. Insomma si potrebbero fare tante cose per restituire credibilità alle partite di calcio. E invece non si fa niente. E allora ci toccherà continuare ad assistere a partite falsate e a dannarci all’idea che le aspettative riposte da un’intera tifoseria in una partita tanto sentita e tanto importante come City-Napoli siano state infrante dopo soltanto una manciata di minuti. E nessuno si diverte più…

Mario Zaccaria

Napoli Magazine

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com

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24/09/2025 - 13:01

NAPOLI - Tralascio per il momento il cammino caratterizzato da un passo marziale del Napoli in campionato, con quattro vittorie consecutive e la chiara esibizione di forza che sta rallegrando l'animo dei tifosi. Torno, piuttosto, sulla sconfitta in Champions League degli azzurri giovedì scorso all'Ethiad Stadium di Manchester, un esito che non ho ancora digerito e che non riesco a mandar giù per come è maturato. E non credo di essere il solo a pensarla così. Alzi la mano chi si è divertito! Vorrei fare un sondaggio tra gli appassionati di calcio di tutto il mondo ai quali è capitato di guardare in tv Manchester City-Napoli, una partita durata soltanto 20 minuti. Avrebbe cantato Sergio Endrigo: la festa appena cominciata è già finita…Vorrei conoscere il loro parere sull’attrattività di un match che a causa dell’inferiorità numerica del Napoli non aveva più storia dopo una manciata di minuti. Una partita inutile, senza pathos, privata dell’equilibrio in campo che solo la parità numerica tra le due squadre può dare a causa di una decisione arbitrale (giusta o ingiusta che sia stata e ovviamente mi riferisco alla spinta del furbo Haaland nei confronti di Beukema che non deve essere stata neppure presa in considerazione né dall’arbitro, né dal Var…). E allora riprendo un tema che, se la memoria non mi inganna, già affrontai qualche anno fa in questa rubrica su NapoliMagazine.Com. Basta con le espulsioni!!! Non se ne può più. E non lo dico perché il Napoli è stato vittima di questo barbaro regolamento. Lo dico sulla base di ragionamenti oggettivi, incontestabili che chiunque mastichi un po’ di calcio non può non condividere. Che divertimento c’è a guardare una partita in cui una squadra gioca in inferiorità numerica? Nessuno! Se le espulsioni, per qualsiasi motivo fossero decretate, potevano andar bene nel calcio di 20 o 30 anni fa, adesso le cose sono cambiate. Un tempo si giocava a 10 allora e le regole tattiche erano alquanto ‘allegre’. Oggi si viaggia in campo a velocità supersoniche e i tatticismi sono esasperati in ogni match, che riguardi la prima divisione dilettanti o la Champions League. Una squadra che giochi in inferiorità numerica ha ben poche possibilità di farla franca, è inevitabilmente destinata a soccombere, a meno di performance straordinarie, come è accaduto domenica scorsa all’Avellino che ha battuto la Carrarese per 4-3, pur essendo rimato in dieci uomini dal 30’ del primo tempo quando il risultato era fermo sul 2-1 per i toscani. Ma questi ‘miracoli’ riescono molto raramente e comunque vada a finire si tratta pur sempre di una partita falsata. E poi, se pemettete e lo dico con il massimo rispetto, la Carrarese non è il Manchester City… E’ come se in un match di pugilato a un certo punto l’arbitro decretasse che uno dei due contendenti può continuare a colpire con una sola mano e non con l’altra. Come credete che possa andare a finire? Allora chiamo in causa l’Ifab, l’organismo internazionale al quale – per motivi a me poco chiari – è affidato il compito di gestire e decidere con giudizi e valutazioni inappellabili le regole del gioco del calcio. Questo organismo, nato in epoca remota (1882) e formato da otto persone, quattro delle quali designate dalla Fifa e altre quattro, una per ciascuna dalle federazioni britanniche (Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord e Scozia), si riunisce solo due volte all’anno e ogni membro detiene un voto. Ogni modifica delle regole deve essere approvata con i tre quarti dei consensi, dunque 6 voti su 8, ma devono essere concordi la Fifa e almeno due Federazioni britanniche. Il che significa che queste ultime hanno il potere di bloccare qualunque riforma. Il mondo del calcio e tutti gli appassionati e i tifosi si chiedono: perché? Certo il gioco fu ‘inventato’ (il 26 ottobre 1863) in Gran Bretagna, ma ormai è passato più di un secolo e mezzo e il fenomeno nel frattempo è diventato planetario. Il calcio muove quantità enormi di soldi ed è entrato in tutto il mondo in maniera irreversibile nella cultura e nell’economia dei popoli dei cinque continenti. Perché un manipolo di signori, legati indissolubilmente, per inossidabile tradizione, a una cultura conservatrice, debba continuare a governarne le regole è un mistero al quale è difficile dare una spiegazione. E ancora più misterioso è il comportamento della Fifa e delle Federazioni dei vari Paesi (per non parlare delle Leghe) che non si ribellano a questa imposizione, visto che è a loro che è demandata l’organizzazione degli eventi e dunque delle partite. Basterebbe che la Fifa dicesse: cari signori delle Federazioni britanniche, da oggi in poi le regole del calcio le decidiamo noi. Da soli. E invece non lo fa.  Si potrebbe istituire la regola del cartellino arancione con l’espulsione a tempo, come avviene nel rugby (a quanto pare l’Ifab avrebbe lo scorso anno accettato di dare il via ai test, ma solo per i falli tattici, per le proteste e per le perdite di tempo, dunque il rosso a Di Lorenzo sarebbe arrivato lo stesso. Ma in ogni caso i tempi sono biblici, mentre basterebbe un amen per decidere…). Si potrebbe pensare, almeno per i casi (come quello del fallo di Di Lorenzo) in cui non ci sia stata violenza, di mostrare in campo al calciatore un cartellino di un qualsiasi diverso colore e di squalificarlo poi per una o più partite successive. Si potrebbe pensare all’espulsione dal campo soltanto dopo l’esibizione di tre cartellini gialli (invece di due) e di abolire il cartellino rosso. Insomma si potrebbero fare tante cose per restituire credibilità alle partite di calcio. E invece non si fa niente. E allora ci toccherà continuare ad assistere a partite falsate e a dannarci all’idea che le aspettative riposte da un’intera tifoseria in una partita tanto sentita e tanto importante come City-Napoli siano state infrante dopo soltanto una manciata di minuti. E nessuno si diverte più…

Mario Zaccaria

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