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G-FACTOR - Gianfranco Lucariello su "NM": "Napoli, serve il bunker"
07.09.2019 16:24 di Napoli Magazine

NAPOLI - Quello che serve non c’è, il bunker. In due partite lì dietro il Napoli si è incartocciato, aprendo le porte a sette gol, prima tre senza conseguenze a Firenze dove si è vinto e poi quattro a Torino, con un kappaò al quale nessuno ci pensava, a due minuti dalla fine e come ben sappiamo. Roba da mangiarsi le dita delle mani, come ha fatto Ancelotti già a bordo campo nell’osservare l’inverosimile durante il match con la Vecchia Signora. Sbandate e distrazioni, difesa a carte quarantotto. Smarrita l’antica sicurezza e porte aperte agli avversari, sguscianti e imprendibili dalla loro trequarti, davvero incredibile: il Napoli smarrito e impaurito e incapace di reagire, vittima perfino dei più elementari idiomi del football, il contropiede. Troppo per don Carlo che non credeva ai suoi occhi, già nel decorso ordinario del match di Firenze e che a Torino ha stralunato le orbite dettando al figlio Davide l’ordine del giorno dei lavori da affrontare durante la sosta, la ricomposizione della difesa da ritrasformare in un imperforabile bunker, altrimenti addio sogni di gloria, prima ancora di lasciarsi andare in deliziose fantasie: per concorrere lassù in cima e tentare di realizzare “l’impossibile impresa” – tale finora – c’è bisogno innanzitutto di chiudere la porta a doppia mandata. E’ vero, è andato via Raul Albiol, considerato la “mente” o il regista del reparto, il leader di una difesa niente male, ed è arrivato però Manolas, marcatore inflessibile, difensore di primissimo livello che tuttavia con un Koulibaly ancora al piccolo trotto per tanti e tanti motivi, non ha ancora trovato un’identità comune, tale da rendere la linea inossidabile, almeno quanto quella precedente, soprattutto per quanto riguarda i due centrali. Ci vuole tempo e lavoro, tantissimo. Nel calcio non si improvvisa niente e in un settore nuovo a metà (due su quattro con Di Lorenzo e Manolas) c’è da sudare e parecchio pure, per far tornare i conti che sarebbero quelli che corrispondono ad una superdifesa. Da quanto si sa Ancelotti ce la sta mettendo tutta, nonostante il gruppo piuttosto smembrato a causa delle partite per l’Europeo che hanno portato via da Castel Volturno anche alcuni nazionali, preziosi in quel centrocampo ritenuto la prima linea di difesa del settore arretrato, linea però saltata quasi sempre dai contropiedisti della Fiorentina e poi della Juve, ed è incredibile che sia accaduto giocando in trasferta dove dovrebbe succedere il contrario, questo però è il prezzo di un Napoli superoffensivo che – è vero – ha ribaltato i denominatori, perdendo poi per un’autorete. I denominatori sono però quelli sottolineati. Forse è successo proprio come il grande Bruno Pesaola chiuse i discorsi dopo una partita perduta a Bergamo, annunciata, presentata e anticipata alla vigilia dal Petisso con un Napoli d’attacco, un team intraprendente, coraggioso e sfrontato che avrebbe fatto a pezzi l’Atalanta. Andò maluccio, invece. Ed a chi mise con le spalle al muro il tecnico azzurro nel dopopartita, il Petisso sornione se la cavò così: “Che ve devo dire, ci hanno rubato la idea...”.

 

 

Gianfranco Lucariello

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com 

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G-FACTOR - Gianfranco Lucariello su "NM": "Napoli, serve il bunker"

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07/09/2024 - 16:24

NAPOLI - Quello che serve non c’è, il bunker. In due partite lì dietro il Napoli si è incartocciato, aprendo le porte a sette gol, prima tre senza conseguenze a Firenze dove si è vinto e poi quattro a Torino, con un kappaò al quale nessuno ci pensava, a due minuti dalla fine e come ben sappiamo. Roba da mangiarsi le dita delle mani, come ha fatto Ancelotti già a bordo campo nell’osservare l’inverosimile durante il match con la Vecchia Signora. Sbandate e distrazioni, difesa a carte quarantotto. Smarrita l’antica sicurezza e porte aperte agli avversari, sguscianti e imprendibili dalla loro trequarti, davvero incredibile: il Napoli smarrito e impaurito e incapace di reagire, vittima perfino dei più elementari idiomi del football, il contropiede. Troppo per don Carlo che non credeva ai suoi occhi, già nel decorso ordinario del match di Firenze e che a Torino ha stralunato le orbite dettando al figlio Davide l’ordine del giorno dei lavori da affrontare durante la sosta, la ricomposizione della difesa da ritrasformare in un imperforabile bunker, altrimenti addio sogni di gloria, prima ancora di lasciarsi andare in deliziose fantasie: per concorrere lassù in cima e tentare di realizzare “l’impossibile impresa” – tale finora – c’è bisogno innanzitutto di chiudere la porta a doppia mandata. E’ vero, è andato via Raul Albiol, considerato la “mente” o il regista del reparto, il leader di una difesa niente male, ed è arrivato però Manolas, marcatore inflessibile, difensore di primissimo livello che tuttavia con un Koulibaly ancora al piccolo trotto per tanti e tanti motivi, non ha ancora trovato un’identità comune, tale da rendere la linea inossidabile, almeno quanto quella precedente, soprattutto per quanto riguarda i due centrali. Ci vuole tempo e lavoro, tantissimo. Nel calcio non si improvvisa niente e in un settore nuovo a metà (due su quattro con Di Lorenzo e Manolas) c’è da sudare e parecchio pure, per far tornare i conti che sarebbero quelli che corrispondono ad una superdifesa. Da quanto si sa Ancelotti ce la sta mettendo tutta, nonostante il gruppo piuttosto smembrato a causa delle partite per l’Europeo che hanno portato via da Castel Volturno anche alcuni nazionali, preziosi in quel centrocampo ritenuto la prima linea di difesa del settore arretrato, linea però saltata quasi sempre dai contropiedisti della Fiorentina e poi della Juve, ed è incredibile che sia accaduto giocando in trasferta dove dovrebbe succedere il contrario, questo però è il prezzo di un Napoli superoffensivo che – è vero – ha ribaltato i denominatori, perdendo poi per un’autorete. I denominatori sono però quelli sottolineati. Forse è successo proprio come il grande Bruno Pesaola chiuse i discorsi dopo una partita perduta a Bergamo, annunciata, presentata e anticipata alla vigilia dal Petisso con un Napoli d’attacco, un team intraprendente, coraggioso e sfrontato che avrebbe fatto a pezzi l’Atalanta. Andò maluccio, invece. Ed a chi mise con le spalle al muro il tecnico azzurro nel dopopartita, il Petisso sornione se la cavò così: “Che ve devo dire, ci hanno rubato la idea...”.

 

 

Gianfranco Lucariello

 

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