NAPOLI - È andata come è andata la fortuna (sarà) rivedersi ancora. Non tutti, non con tutti, non per tutti. Ma rivedersi. Ritifarsi. Rincontrarsi. Ricontestarsi. E soprattutto riamarsi. Speriamo anche di più. È meglio. Il Napoli chiude a La Spezia, con un 3 a 0 vincente per gli azzurri e una brutta pagina per la tifoseria che invoca malamente miti. Ma chissà poi perché... Chiude, dicevamo, il Napoli, sbaracca baracche e baracchelle. Fa indossare nel mentre la fascia di capitano a quel signor Ghoulam e anche fosse già solo per questo, Mister Spalletti un applauso se lo merita a scena aperta. Campionato, dunque, finito. Ah, lo vince il Milan. Segue l’Inter, il Napoli terzo. Ma cosa è stato questo pazzo campionato? A parte i punti, le classifiche, le partite, ovviamente, perse (soprattutto in casa e facendo addirittura la “storia”…), vinte (talvolta alla grandissima), pareggiate (qualche volta sul filo del rasoio), le polemiche e i giocatori. Cosa è stato questo campionato? È stato la certezza di una vittoria, tra tante incognite alla prima; è stato un GRAZZIE a Petagna, mentre in casa bianconera qualcuna dava un addio, a suo modo. È stato un Sud sopra il Nord, di fine settembre, che ha regalato una gioia che è andata pure oltre il calcio, ammettiamolo. È stato anche un poker di goduria in terra genoana, e poi dal 4 al sei, delle partite vinte di fila (la VI era al Maradona…). E poi sette, perché se il settimo giorno Dio si riposò, il Napoli no. E poi è stato il brutto regalo sotto l’albero: pareggi, sconfitte, troppi alibi e poco più… Con la speranza del tricolore che vacilla. È a gennaio che finalmente di riparte: anno nuovo, vita nuova, vittorie nuove. Dentro e fuori dal campo. Mentre però Lorenzo dice addio alla maglia azzurra. Ma la corsa del Napoli direzione scudetto non si ferma: si lotta. E da Bergamo si si torna a Napoli con il cuore pieno di speranza, lanciando quel cuore oltre 7 ostacoli. Poi il nulla: si perde a Firenze e ci si suicida ad Empoli. E allora si cambia (???) obiettivo, si fanno i mea culpa, si annunciano ritiri forzati che poi diventano cene. Ma l’obiettivo che era nei cuori dei tifosi da circa 30 anni (forse più che in quello della società) è ormai andato. A Milano per la precisione. Ma da lì si vince. Si intasca il terzo posto e la Champions. E si vince pure con sei gol. È finito: questo pazzo campionato, è finito. E adesso si guarda oltre. Si apre la stagione degli acquisti e delle cessioni che è una storia a se stante. Si guarda avanti, certo. Ma checché se ne dica, il rammarico c’è. Si è perso tanto al Maradona. Al tricolore si è andati ancora una volta vicini. Ma per vincere ci vuole altro e forse anche “altri”: ci vuole quel certo non so che fa la differenza. Ci sta poco da fare: ci vuole la cazzimma che sdoganò Benitez. Oltre alla mano di San Gennaro e al piede (magari) di Ciro. Ci vuole però anche l’amore del popolo e la voglia di vincere di squadra, panchina e società. Ci vuole tutto, e anche di più. E speriamo che quel di più arrivi e la festa dal Duomo passi al Plebiscito. AMMÈN.
di Napoli Magazine
23/05/2022 - 11:23
NAPOLI - È andata come è andata la fortuna (sarà) rivedersi ancora. Non tutti, non con tutti, non per tutti. Ma rivedersi. Ritifarsi. Rincontrarsi. Ricontestarsi. E soprattutto riamarsi. Speriamo anche di più. È meglio. Il Napoli chiude a La Spezia, con un 3 a 0 vincente per gli azzurri e una brutta pagina per la tifoseria che invoca malamente miti. Ma chissà poi perché... Chiude, dicevamo, il Napoli, sbaracca baracche e baracchelle. Fa indossare nel mentre la fascia di capitano a quel signor Ghoulam e anche fosse già solo per questo, Mister Spalletti un applauso se lo merita a scena aperta. Campionato, dunque, finito. Ah, lo vince il Milan. Segue l’Inter, il Napoli terzo. Ma cosa è stato questo pazzo campionato? A parte i punti, le classifiche, le partite, ovviamente, perse (soprattutto in casa e facendo addirittura la “storia”…), vinte (talvolta alla grandissima), pareggiate (qualche volta sul filo del rasoio), le polemiche e i giocatori. Cosa è stato questo campionato? È stato la certezza di una vittoria, tra tante incognite alla prima; è stato un GRAZZIE a Petagna, mentre in casa bianconera qualcuna dava un addio, a suo modo. È stato un Sud sopra il Nord, di fine settembre, che ha regalato una gioia che è andata pure oltre il calcio, ammettiamolo. È stato anche un poker di goduria in terra genoana, e poi dal 4 al sei, delle partite vinte di fila (la VI era al Maradona…). E poi sette, perché se il settimo giorno Dio si riposò, il Napoli no. E poi è stato il brutto regalo sotto l’albero: pareggi, sconfitte, troppi alibi e poco più… Con la speranza del tricolore che vacilla. È a gennaio che finalmente di riparte: anno nuovo, vita nuova, vittorie nuove. Dentro e fuori dal campo. Mentre però Lorenzo dice addio alla maglia azzurra. Ma la corsa del Napoli direzione scudetto non si ferma: si lotta. E da Bergamo si si torna a Napoli con il cuore pieno di speranza, lanciando quel cuore oltre 7 ostacoli. Poi il nulla: si perde a Firenze e ci si suicida ad Empoli. E allora si cambia (???) obiettivo, si fanno i mea culpa, si annunciano ritiri forzati che poi diventano cene. Ma l’obiettivo che era nei cuori dei tifosi da circa 30 anni (forse più che in quello della società) è ormai andato. A Milano per la precisione. Ma da lì si vince. Si intasca il terzo posto e la Champions. E si vince pure con sei gol. È finito: questo pazzo campionato, è finito. E adesso si guarda oltre. Si apre la stagione degli acquisti e delle cessioni che è una storia a se stante. Si guarda avanti, certo. Ma checché se ne dica, il rammarico c’è. Si è perso tanto al Maradona. Al tricolore si è andati ancora una volta vicini. Ma per vincere ci vuole altro e forse anche “altri”: ci vuole quel certo non so che fa la differenza. Ci sta poco da fare: ci vuole la cazzimma che sdoganò Benitez. Oltre alla mano di San Gennaro e al piede (magari) di Ciro. Ci vuole però anche l’amore del popolo e la voglia di vincere di squadra, panchina e società. Ci vuole tutto, e anche di più. E speriamo che quel di più arrivi e la festa dal Duomo passi al Plebiscito. AMMÈN.