BUONI & CATTIVI
L'ANALISI - Prestisimone: "Sarri-Mancini, non se ne può!"
22.01.2016 22:30 di Napoli Magazine

NAPOLI - Allora: due giornate e 20mila euro contro nessuna squalifica (che non era assolutamente in preventivo) e 5000 euro. La sentenza di Tosel - ricorsi a parte - chiude definitivamente la vicenda degli insulti incrociati tra Sarri e Mancini. Onestamente non se ne poteva quasi più: da tre giorni non si parlava d’altro, schiacciate anche partite e classifiche; una pazzesca sovresposizione mediatica. E venne dunque il tempo di bilanci e consuntivi, per mettere la parola fine a una vicenda e una sentenza che tornerà comoda per fare giurisprudenza quando si ripresenterà - e si ripresenterà - un caso simile.

Il giudice Tosel e la sua corte se la sono cavata bene. Ci pare con saggezza e anche rapidità. Chiaro che niente e nessuno è perfetto: cominceranno adesso pro e contro, favorevoli e contrari, anche divisi solo per aree geografiche o latitudini. A noi pare una sentenza sostanzialmente giusta, come detto saggia, diciamo di comodo (in questo saggia), che insomma può star bene - o almeno abbastanza bene - a tutti i benpensanti; i malpensanti comunque non mancheranno.

La differenza di ‘pena’ significa che il “vecchio cazzone” di Mancini è stato valutato meno significativo rispetto all’insulto sulla “ambigua sessualità” del tecnico col ciuffo denunciata da Sarri. E lo è, innegabilmente lo è. Perché quello di Mancini è un tipico insulto da osteria, da curva; quello di Sarri va a toccare delicati nervi scoperti, sociologicamente di ben diverso valore.

E allora la sentenza può star bene sia alla colta, benpensante, società civile che a quella becera e “incivile” dei tifosi del bar sotto casa. Le sue due giornate Sarri le sconterà quando i fuochi saranno ultra-spenti, tra mille anni, nelle prossime partite di qualificazione della futura Coppitalia, e quando sarà, l’anno prossimo, nessuno si ricorderà neanche più per quale ragione Sarri sarà in tribuna anziché in panchina.

Resta il fatto che la vicenda ci ha personalmente lasciato un pensiero amaro: che chi scrive ha anche lui “svoltato l’angolo”. E’ stato duro ammetterlo a noi stessi. Perché tra le mille ‘opinionesse’ di questi giorni ne abbiamo letta una che ci aveva colpito; quella di un giovane e bravo collega della Gazzetta dello Sport che scriveva - e in qualche modo condannava- “quelli che pensano che certe diatribe dovrebbero morire sul campo”, e che “una volta si diceva che il migliore è quello che sgomita e tira calci, urla parolacce, magari insulta, ma che in buona sostanza, una volta finita la partita abbraccia l’avversario e ha dimenticato tutto”. Ecco, chi scrive fa parte di quella generazione pensante, eravamo quasi orgogliosi di pensarla così. Invece i tempi sono cambiati, ora si usano i droni per preparare le difese, le telecamere che una volta seguivano solo il pallone adesso scrutano i labiali, vivisezionano occhiatine e smorfie, tant’è che ora sui campi giocatori e arbitri parlano coprendosi la bocca (appunto per non far leggere i labiali), le telecamere fanno quasi la TAC. E’ proprio un altro calcio, almeno la sua ‘lettura’, la maniera con la quale è fruibile.

Tornado al nocciolo, vecchio o nuovo che il calcio sia, la vicenda Sarri-Mancini deve essere utile a fare - come dicevamo – giurisprudenza; sarebbe stupido archiviarla, metterla nel cassetto e chiuderlo. Tosel è stato allo stesso tempo furbo e saggio, l’ha emessa così proprio per questo, perché sia ricordata e sia da monito per il futuro. Deve leggerla in questo modo, approfondendola, leggendo tra le sue righe, anche il presidente Tavecchio. Perché un Cassano o un Totti capiscano e imparino, ma anche il Grande Capo ha bisogno di capire e imparare. Il buonsenso e l’esperienza dicono che un bel silenzio a volte può fare più d’insegnamento di mille parole, specie se inutili.                

 

 

Paolo Prestisimone

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com 

                                                                                              

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22/01/2024 - 22:30

NAPOLI - Allora: due giornate e 20mila euro contro nessuna squalifica (che non era assolutamente in preventivo) e 5000 euro. La sentenza di Tosel - ricorsi a parte - chiude definitivamente la vicenda degli insulti incrociati tra Sarri e Mancini. Onestamente non se ne poteva quasi più: da tre giorni non si parlava d’altro, schiacciate anche partite e classifiche; una pazzesca sovresposizione mediatica. E venne dunque il tempo di bilanci e consuntivi, per mettere la parola fine a una vicenda e una sentenza che tornerà comoda per fare giurisprudenza quando si ripresenterà - e si ripresenterà - un caso simile.

Il giudice Tosel e la sua corte se la sono cavata bene. Ci pare con saggezza e anche rapidità. Chiaro che niente e nessuno è perfetto: cominceranno adesso pro e contro, favorevoli e contrari, anche divisi solo per aree geografiche o latitudini. A noi pare una sentenza sostanzialmente giusta, come detto saggia, diciamo di comodo (in questo saggia), che insomma può star bene - o almeno abbastanza bene - a tutti i benpensanti; i malpensanti comunque non mancheranno.

La differenza di ‘pena’ significa che il “vecchio cazzone” di Mancini è stato valutato meno significativo rispetto all’insulto sulla “ambigua sessualità” del tecnico col ciuffo denunciata da Sarri. E lo è, innegabilmente lo è. Perché quello di Mancini è un tipico insulto da osteria, da curva; quello di Sarri va a toccare delicati nervi scoperti, sociologicamente di ben diverso valore.

E allora la sentenza può star bene sia alla colta, benpensante, società civile che a quella becera e “incivile” dei tifosi del bar sotto casa. Le sue due giornate Sarri le sconterà quando i fuochi saranno ultra-spenti, tra mille anni, nelle prossime partite di qualificazione della futura Coppitalia, e quando sarà, l’anno prossimo, nessuno si ricorderà neanche più per quale ragione Sarri sarà in tribuna anziché in panchina.

Resta il fatto che la vicenda ci ha personalmente lasciato un pensiero amaro: che chi scrive ha anche lui “svoltato l’angolo”. E’ stato duro ammetterlo a noi stessi. Perché tra le mille ‘opinionesse’ di questi giorni ne abbiamo letta una che ci aveva colpito; quella di un giovane e bravo collega della Gazzetta dello Sport che scriveva - e in qualche modo condannava- “quelli che pensano che certe diatribe dovrebbero morire sul campo”, e che “una volta si diceva che il migliore è quello che sgomita e tira calci, urla parolacce, magari insulta, ma che in buona sostanza, una volta finita la partita abbraccia l’avversario e ha dimenticato tutto”. Ecco, chi scrive fa parte di quella generazione pensante, eravamo quasi orgogliosi di pensarla così. Invece i tempi sono cambiati, ora si usano i droni per preparare le difese, le telecamere che una volta seguivano solo il pallone adesso scrutano i labiali, vivisezionano occhiatine e smorfie, tant’è che ora sui campi giocatori e arbitri parlano coprendosi la bocca (appunto per non far leggere i labiali), le telecamere fanno quasi la TAC. E’ proprio un altro calcio, almeno la sua ‘lettura’, la maniera con la quale è fruibile.

Tornado al nocciolo, vecchio o nuovo che il calcio sia, la vicenda Sarri-Mancini deve essere utile a fare - come dicevamo – giurisprudenza; sarebbe stupido archiviarla, metterla nel cassetto e chiuderlo. Tosel è stato allo stesso tempo furbo e saggio, l’ha emessa così proprio per questo, perché sia ricordata e sia da monito per il futuro. Deve leggerla in questo modo, approfondendola, leggendo tra le sue righe, anche il presidente Tavecchio. Perché un Cassano o un Totti capiscano e imparino, ma anche il Grande Capo ha bisogno di capire e imparare. Il buonsenso e l’esperienza dicono che un bel silenzio a volte può fare più d’insegnamento di mille parole, specie se inutili.                

 

 

Paolo Prestisimone

 

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